È passato quasi un anno da quando la mia amica Sara, mentre eravamo fuori a cena, mi fa “ti sei già imbattuta nell’armocromia? Mi sa che può esserti utile sai?”. Dato che, solitamente, quello che Sara porta alla mia attenzione si rivela poi, appunto, degnissimo della suddetta attenzione, andai subito a googlare per capire di cosa stessimo parlando.
Ricordo che sulle prime non fui per niente convinta da ciò che lessi: è il mio lavoro, sapere che la luce ha colori diversi, che si riflette in modi diversi su superfici diverse, quindi ad esempio il colore della luce su un viso e/o ad esempio su una stoffa, può influenzare molto la percezione generale.
Quindi rimasi piuttosto scettica, anche se ovviamente già sul momento non resistemmo a cimentarci in un improvvisato toto-stagione tra di noi.
Successivamente, man mano che lavoravo alle consulenze di stile personalizzate per i miei clienti di ritratto, mi imbattevo sempre più spesso proprio nei concetti di stagione armocromatica e di analisi del colore e mi trovavo a realizzare sessioni di personal branding per alcune clienti, come ad esempio Giusy di Shopping Con Te, proprio esperte di questo tipo di analisi.
Ricordo che esattamente con Giusy parlammo di come non fossi convinta che l’armocromia potesse essere utilizzata universalmente ai fini dei ritratto fotografico, e questa idea mi rimase fino a qualche mese fa.
Pian piano però mi sono accorta che i pattern dell’armocromia hanno effettivamente molto, molto senso. E, sebbene con alcuni doverosi twist di cui vi parlerò tra poco, mi sono estremamente utili nelle consulenze di stile che preparo per i miei clienti, perché vanno esattamente nella direzione che ho scelto per il mio lavoro di ritratto contemporaneo: esaltare e mostrare la bellezza che c’è in ognuno di noi.
Cos’è l’Armocromia
Proprio in questi giorni è uscito il libro di Rossella Migliaccio, una tra le analiste più note in Italia, e, convinta da alcune amiche compagne di questa avventura, ho deciso di acquistarlo.
Lo sto leggendo proprio in questi giorni e, proprio nei primi capitoli, Rossella spiega molto bene che l’armocromia non è un’imposizione, una costrizione, un dovere. In realtà è uno strumento che le persone possono usare per vedersi, e quindi spesso anche sentirsi, meglio.
Non voglio spoilerare troppo il libro di Rossella e sicuramente potrete trovare qua e là tantissime risorse che possono spiegarvi cos’è l’armocromia molto meglio di quanto possa fare io.
Ma diciamo che, giusto per chi fosse completamente digiuno del termine, l’armocromia, come dice la parola stessa, studia l’armonia cromatica. Come esseri umani, siamo naturalmente attratti dall’armonia: le cose armoniche, generalmente, ci sembrano più “belle”.
Pare che il fatto di suddividere i risultati dell’analisi in stagioni derivi dai pittori impressionisti, che per primi tentarono di codificare delle palette armoniche per realizzare dei dipinti che testimoniassero fedelmente le atmosfere che volevano rappresentare.
Quindi si accorsero che c’erano dei colori che erano armonici ad esempio per l’inverno, per l’estate, per le scene di primavera e per le atmosfere dell’autunno.
Se come me siete un po’ nerd, in questo bellissimo articolo potete approfondire la storia delle stagioni e delle classificazioni.
In generale si può dire che l’armocromia suddivide i soggetti dell’analisi appunto in quattro stagioni, inverno, primavera, estate e autunno, in base ad una serie di criteri, tra cui quanto siamo chiari, o scuri, il contrasto dei lineamenti e dei nostri colori, quanto siamo caldi o freddi, ecc, proprio seguendo i colori delle stagioni dell’anno.
Ogni stagione si suddivide in ulteriori categorie, ma la cosa che sto trovando interessante ultimamente e che mi ha fatto arrendere definitivamente all’armocromia è stato il capire come ogni stagione e sotto categoria in realtà si compenetrino e siano in relazione l’una con l’altra, e come per ognuno ci sia magari un lato della palette che funziona meglio rispetto ad altri colori della stessa palette.
Devo dire che io mi ritrovo molto nelle analisi che fa Annalisa Affinito, un’altra analista italiana molto seguita, nel suo gruppo facebook Armocromia e Trucco Correttivo, la quale molto spesso indica proprio anche quali colori, nella palette generale di riferimento, siano i migliori per ogni soggetto.
Il concetto dei lati di palette mi era un po’ oscuro, ma mi è diventato ovvio quando avuto il piacere di incontrare Laura Portomeo, esperta make-up artist e fondatrice del network Le Tentazioni, che collabora spesso con Annalisa in eventi in giro per l’Italia, quando le chiesi che stagione fosse lei e lei mi disse che era inverno profondo lato cupo: è stata come un’illuminazione, ho capito subito come il suo incarnato e i suoi colori fossero in effetti esaltati dalle tonalità più “cupe” della palette ip.
In generale, può non essere così immediato riconoscere da soli di che stagione si è, quale sotto categoria e quale lato della palette siano quelli che funzionano di più per noi. Dunque la cosa migliore generalmente è farsi analizzare dal vivo e poi continuare a sperimentare.
Un Porcellino Rosa Cenere
L’armocromia a volte però può essere anche un po’ destabilizzante, se così vogliamo dire.
Come quando ad esempio si hanno delle preferenze per determinati colori, o ci si sente a proprio agio con un look molto preciso, che pensiamo esprima al meglio la nostra personalità.
Ad esempio, è da quando avevo quindici anni che porto i capelli rossi (più o meno scuri, più o meno ramati) e ho un armadio prevalentemente nero, ispirata, a seconda dei momenti, da Tori Amos o da Loreena McKennitt, e compagnia irlandes-scozzese andante.
Alla veneranda età di 35 anni, in un momento in cui decido che dovrei, per il mio lavoro, esporre un po’ di più la mia faccia sui social e sui miei canali di comunicazione, comincio ad accorgermi che c’è qualcosa che non va. Comincio anche a guardare insistentemente una delle foto in cui mi piaccio di più, in cui i capelli sembrano più cenere e indosso colori atipici rispetto al mio solito.
Seguono settimane di dubbio, incertezza, crisi di identità, tampinamento lamentoso delle amiche appassionate di armocromia, mentre pian pianino realizzo che, con molta probabilità, sono un’estate e non una primavera.
La palette dell’estate è questa:
Gli esempi che vedevo in giro per una buona armocromia estiva erano questi:
Io ovviamente vedevo solo i rosini e i lillini stile barbie che sono molto, molto, molto lontani dalla mia personalità.
E quindi via di nuovo con dubbio, incertezza, crisi di identità e tampinamento lamentoso.
Poi mi rendo che in realtà alcune delle mie attrici preferite sono delle estati:
Mi dico, forse potrei essere un’estate più scura, assoluta, come Bianca Balti, Laetitia Casta. E mi viene in mente che, prima di farmi rossa, verso i 13/14 anni, avevo la convinzione che, appena possibile, mi sarei fatta più bionda (cosa su cui i parrucchieri però mi fecero terrorismo per via dei danni della decolorazione, quindi ripiegai su tinte fai da te giallissime, cose inguardabili, meglio non rivangare).
E pian piano ho cominciato a guardare la mia palette con curiosità, anziché con avversione. Con tutte le metafore e i riferimenti del caso, che lascerò sottintesi.
Ovviamente non si tratta solo di una palette di colori. C’è dietro un percorso di ricerca di armonia e bellezza autentica in senso lato, che credo durerà una vita intera, da cui ho imparato e sto imparando tantissimo, e che uso costantemente nel mio lavoro.
Armocromia e Ritratto
In fotografia, infatti, come in tutte le espressioni visive, il colore è una parte fondamentale del linguaggio.
Il colore, o la sua assenza, le tonalità chiare o scure, calde o fredde, a contrasto alto o basso, sono determinanti.
Quando progetto uno shooting di ritratto per un cliente, tutte queste variabili sono prese in considerazione ed effettuo delle scelte in base al mood del servizio, in base a quello che potremmo definire il mio stile, e in base alle caratteristiche fisiche del cliente stesso.
In questo senso, studiare e conoscere l’armocromia mi aiuta a consigliare un styling che sia creativo, in linea con il progetto fotografico e allo stesso tempo che esalti il più possibile le caratteristiche peculiari della persona che sto fotografando.
Scegliere solo in base alla palette armocromatica invece non sarebbe sufficiente: ci saranno, nella palette, dei colori che si armonizzeranno con la luce, lo sfondo, il mood delle foto che andremo a scattare, mentre altri colori, per quanto possano essere armocromatici sulla persona fotografata, potrebbero cozzare con gli altri elementi dello shooting.
Allo stesso modo, già da anni mi sono resa conto che, nel ritratto, un “semplice” discorso di styling inteso in senso fashion, cioè basato principalmente sull’armonia dell’outfit in cui la modella o il modello sono leggermente più secondari, secondo me non può funzionare, sempre per il solito discorso che nel fashion il soggetto è l’outfit, quindi anche se chi lo indossa non è perfettamente esaltato da quei colori, ciò non lo renderà meno “interessante” ad un occhio meno esperto.
Inoltre, nel circoscritto ambito di uno shooting fotografico, è anche possibile “ingannare” leggermente l’armocromia: utilizzando appositi accorgimenti di trucco, parrucco, luce e ritocco, si riesce a volte, se le esigenze lo richiedono, a shiftare leggermente verso le categorie confinanti. Ad esempio, è possibile cercare di far tendere un estate assoluta intensa verso l’inverno brillante, ecc. Katy Perry e Dita Von Teese ad esempio pare che siano due esempi di estate “camuffate” da inverno brillante.
L’importanza del Gusto Personale
E in tutto questo, il gusto personale?
Come dicevamo, l’armocromia, sia nella vita di tutti i giorni, sia nel ritratto fotografico, a mio parere non dev’essere uno stress o un’ossessione (a meno che non sia un’ossessione divertente e non invalidante ^^).
Si può scegliere se e quando usarla e non usarla, o prendere consapevolezza che potrebbero esserci delle cose che ci piacciono a prescindere.
Io ad esempio continuerò ad adorare il nero, anche sulle estati, anche sulle primavere. Ho letto spesso ad esempio che molte/i cantanti e musicisti, soprattutto rock e alternative, sono stagioni chiare ed è proprio questo che enfatizza il loro look intenso e un po’ dark, che concettualmente, eccessi pacchiani a parte, a me non dispiace mai.
In questo senso, sono sempre felice di accogliere gli eventuali feedback dei miei clienti sulla guida di stile personalizzata che creo per ognuno: perché tutti gli strumenti che abbiamo e che mi piace approfondire siano propedeutici all’espressione della creatività mia e della persona che sto fotografando, e allo stesso tempo mi aiutino a fissare nella foto l’autentica bellezza che c’è in ognuno di noi.
Stay tuned: la prossima volta vi parlerò dei Kibbe Types. ; ))
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